
Cerco di ridire meglio le cose.
Versione con solo applicazioni lineari e niente matrici. Sia V uno spazio vettoriale, e sia f: V -> V un'applicazione lineare. Si dice che f è simmetrica se <f(u),v> = <u,f(v)> per ogni u e v in V (la famosa "migrazione di f"). Il teorema spettrale afferma che un'applicazione lineare f è simmetrica se e solo se V ammette una base costituita da autovettori di f.
Versione con solo matrici senza applicazioni. Una matrice A quadrata n*n si dice simmetrica se coincide con la sua trasposta. Il teorema spettrale afferma che una matrice A è simmetrica se e solo se esiste una matrice ortogonale M tale che [tex]M^ {-1}AM[/tex] è diagonale.
Relazione tra le due nozioni. Un'applicazione f è simmetrica se e solo se la matrice A che la rappresenta, rispetto ad una qualunque base ortonormale (ad esempio la canonica), è una matrice simmetrica.
Boh, spero ora sia più chiaro. Quanto alla faccenda dell'autoaggiunta, fino a quando siamo in spazi di dimensione finita diciamo che "simmetrica" ed "autoaggiunta" sono sinonimi. Le cose cambiano più avanti, ma siamo per lo meno ad analisi 3

